Cronache d'Isernia di inizio secolo XX - Davide Monaco
Panorama d'Isernia sul lato Occidentale nel 1900

 

DAVIDE MONACO


Cronache d'Isernia


d'inizio secolo XX


Il primo lustro 1900 - 1904

 




CINQUE ANNI DA RICORDARE

La fine del XIX secolo e l’inizio del successivo fu un lasso di tempo importante per il progredire della società nella sua formazione unitaria ma verrà ricordato come un periodo movimentato per Isernia e il Molise tutto – all’epoca si identificava come la Provincia di Campobasso - a causa di avvenimenti che destarono l’attenzione della popolazione per la gravità dei fatti, riportati puntualmente sui giornali periodici che ne raccontarono anche gli aspetti più reconditi.
In una provincia piccola come il Molise, all’inizio del XX secolo erano operanti una decina di testate giornalistiche e la cerchia dei “pubblicisti” vide ampliarsi in maniera esponenziale la rosa dei nomi che redigevano articoli per pubblicazioni che uscivano in edicola a cadenza settimanale o quindicinale, diventando quasi quotidiana in prossimità di eventi particolari, come le elezioni politiche. Erano numeri che si scontravano con una realtà ben diversa da ciò che sembrava, essendoci in provincia una percentuale molto alta di analfabeti (circa il 70%).
Quante speranze furono riposte in quegli articoli d’inizio secolo! Quante frasi con parole come “il nostro auspicio” e “la mia fiducia” andavano a chiudere i “pezzi” dei tanti pubblicisti che vedevano nel secolo appena iniziato un’epoca di cambiamenti e di trasformazioni.
In realtà i cambiamenti a Isernia, almeno nella prima decade, furono pochi.
La classe dirigente di fine secolo XIX, quella classe ricca che dominava incontrastata le strutture politiche, economiche, sociali e culturali della città, favorì l’avvicendarsi della nuova generazione, figli e nipoti, in alcuni importanti settori ma, in fin dei conti, la nuova dirigenza non fu molto diversa dalla precedente se non per un rapporto più espansivo con la gente, meno formale e più popolare. In ultima analisi, anche questa circostanza si rivelerà col tempo solo un diverso e più sofisticato modo per tutelare i propri interessi.
I primi cinque anni del XX secolo – senza entrare nell’eterno dibattito se l’anno d’inizio secolo è compreso in quello precedente oppure nella sua centinaia d’origine – furono caratterizzati da avvenimenti in parte derivanti da situazioni ereditate dagli anni precedenti per vecchie questioni mai risolte, soprattutto rivalse economiche e rivalità politiche (tra cui ricordiamo la sfibrante lotta tra l’on. Edoardo Cimorelli e l’on. Gabriele Veneziale che si concluse solo con la morte di quest’ultimo nell’estate del 1910 dove, al funerale, Cimorelli pronunciò un toccante discorso in ricordo dell’amico avversario politico).


  Copertina Cronache d'Isernia XX


Tra le storie che si trascinarono dal precedente, quella della Banca Popolare Cooperativa d’Isernia fu tra le più significative a causa delle clientelari metodologie dirigenziali attuate tramite episodi gestionali di gravità inaudita, perseguibili sul piano civile e penale, vicende che si dilungarono in quegli anni fino a perdersi nel tempo, com’era negli intenti dei dirigenti. L’istituto finanziario, fondato nel 1885, fu pian piano accompagnato alla sua definitiva chiusura, tramite liquidazione avvenuta nel 1911, cercando sempre di minimizzare la gestione arbitraria e le numerose magagne finanziarie. Pochi furono gli articoli pubblicati sulle ultime vicissitudini della più importante banca cittadina e, proprio quando non si poteva evitare, venivano riportati articoli in terza pagina molto stringati.
Questo fu l’esempio più macroscopico di come la classe dirigente della città controllasse con il suo potere economico la stampa locale.

 

 

L'AFFAIRE DEL VOLTURNO

Altra storia che caratterizzò quegli anni e, al contrario della Banca Popolare, calamitò strumentalmente l’attenzione pubblica della provincia intera, fu “L’Affaire del Volturno”, una vicenda ambigua e intrigante che crebbe in sordina per poi ingigantirsi sempre più, come fosse un’opera rossiniana.
Nel 1901 venne a montarsi ciò che, nella riflessione postuma su quegli avvenimenti, sembrò la rappresentazione di un dramma teatrale, basato su circostanze ambigue che attrassero l’attenzione della gente guidandola poi verso una imperfetta interpretazione della realtà, con vicende inventate e colpi di scena che condussero nelle aule dei tribunali di Campobasso, Isernia e Napoli alcuni dei massimi esponenti del mondo politico molisano e nazionale.
Questa storia è stata una strana vicenda che, a distanza di più di un secolo, sembra nascondere ancora il reale fine per cui venne denunciata, perché a ripercorrere tutti gli avvenimenti, sia tramite la lettura dei verbali dei tribunali, sia degli articoli dei giornali, ma anche delle diverse memorie pubblicate, affiora un senso di smarrimento su come i molisani possano aver concentrato l’attenzione per anni su fatti che misero in evidenza metodi che all’epoca rappresentavano le normali procedure in ambito politico per favorire l’economia del territorio e procacciare il lavoro per la propria gente. Molti fatti furono intenzionalmente travisati da coloro che iniziarono la disputa.
Col “senno di poi” viene spontaneo pensare che tutto ciò che avvenne attorno alle acque del Volturno nascondeva forse un fine recondito portato avanti da una o più persone che ben riuscirono a mistificare i fatti per nascondere qualcosa di molto grave. Ma cosa?
Si parlò di mire politiche di alcuni noti personaggi del Circondario d’Isernia che ambivano ad impadronirsi di Collegi politici (come quello di Agnone e di Boiano) eliminando, con azioni calunniose, gli esponenti meritatamente eletti. Erano solo dicerie? Erano teorie complottiste restituite da pubblicisti in cerca di verità ingannevoli? Dalla veemenza degli articoli pubblicati, sembrerebbe che qualcuno fosse stato sorpreso con le mani nel sacco ma, durante la verifica, il sacco risultò desolatamente vuoto. Però, nella lettura di quegli articoli, è ravvisabile qualcosa di sospetto, ma venne riportato sui giornali in maniera talmente fanatica da far sembrare il dubbio una calunnia.
Si fecero anche insinuazioni sul coinvolgimento di elementi legati alla massoneria all’interno del Consiglio provinciale che avrebbero cercato di demolire il potere politico del Presidente e dei suoi stretti collaboratori per subentrarne nelle posizioni dirigenziali, ma negli anni a cavallo del secolo la massoneria molisana era rappresentata da un esiguo numero di componenti dalla limitata influenza che non avevano la capacità di intervenire per condizionare decisioni e comportamenti di personaggi pubblici. Comunque studi approfonditi sull’argomento “massoneria molisana” ancora non vedono la luce.


Isernia - Via Orientale - Rampa Cimorelli


L’inizio della storia ebbe, come presupposto, la nobile idea di moralizzare l’ambiente politico molisano, secondo taluni mal rappresentato da alcuni suoi esponenti. Questa “cricca”, come venne poi denominata, secondo i “moralizzatori” aveva un modo spregevole di operare all’interno delle istituzioni che rappresentava: i politici che ne facevano parte, con il loro modo di fare, favorivano solo i loro interessi e quelli degli amici a discapito della popolazione tutta, facendo valere il proprio peso politico e rafforzando in questo modo il prestigio nel proprio Collegio elettorale. Si accusava alcuni di aver favorito addirittura l’interesse privato in atti d’ufficio. A lanciare questo segnale di sconforto morale e sociale sui giornali furono affermati personaggi dell’economia e del mondo giornalistico molisano che, pur di portare avanti l’idea di moralizzazione che li aveva sedotti, forse non si accorsero delle manovre di qualcuno che li stava manipolando per scopi diversi da quelli prefissati e, se lo capirono, in malafede continuarono verso una méta che sembrava coincidere su di un interesse comune.
Il Volturno, quindi, potrebbe essere stato (il condizionale è d’obbligo) il paravento dietro al quale poter nascondere alcune nefandezze. E’ da evidenziare che nel crescendo della vicenda, nel polverone alzato, si andarono ad eclissare una serie di fatti e accadimenti e altre birbanterie varie che, nella distrazione generale causata ad arte a seguito dell’opera di “moralizzazione”, videro affievolirsi le luci della ribalta giornalistica, come la cattiva gestione dell’Amministrazione comunale di Campobasso, la gestione della luce elettrica pubblica sempre del capoluogo (in cui era coinvolto anche l’ing. Achille Fazio), la vicenda della Banca Popolare d’Isernia e altro ancora.
In poche parole, questo “Affaire del Volturno” sembrava l’affaire che arrivava al momento giusto per distogliere l’attenzione generale da fatti estremamente gravi e riversarla su una vicenda che poteva essere montata a dovere fin quanto si voleva.
Nelle presenti “Cronache”, tra i tanti articoli che descrivono la quotidianità dell’epoca, vengono riportati anche gli articoli più significativi apparsi sui periodici molisani riguardanti la “questione del Volturno”, con l’intento di ricomporre il susseguirsi temporale delle notizie pubblicate sull’argomento per comprendere come si arrivò a porre sotto accusa noti politici, denunciati per aver violato in particolare l’art. 176 del Codice Penale dell’epoca (interessi privati ecc.). Ciò al solo scopo di fornire semplici informazioni in modo da permettere al lettore di formarsi un’idea su quanto accadde in quegli anni attorno alle proposte di “utilizzo industriale delle acque del Volturno” presentate al Consiglio provinciale molisano.
La faccenda del Volturno vide coinvolti, nella fazione accusatoria, alcune “penne” illustri del giornalismo del Circondario isernino, come Uberto Formichelli insieme alla moglie Maria Matticoli, Luigi Gamberale e il fratello Venanzio, Michele Carfagna e tanti altri.
In quella della difesa, basta citare l’illustre letterato Francesco d’Ovidio che ravvisò in quelle accuse, orbo tra ciechi, solo un enorme polverone alzato ad arte. Non fu un’asserzione chiara ma lo scrisse tra le righe di ben due articoli pubblicati sul giornale a tiratura nazionale “Il Giornale d’Italia”. Tra l’altro egli scrisse “che le colpe, sebbene gravi, sono non di meno gravi rispetto alle molte altre che altrove si perpetrano e che l’intero Volturno non basterebbe a lavare” poi ancora “il voto meramente consultivo (quello del Consiglio provinciale n.d.a.) non avrebbe recato né danno né pro alle finanze provinciali”.
Quando si giunse in Tribunale, nell’impianto giuridico dell’accusa e della difesa sfilò il “gotha” dei Fori d’Isernia, Campobasso e Napoli.
Per la difesa gli avv.ti Gaetano Manfredi, Antonio Mirabelli, Eduardo Ruffa, Giuseppe Greco e Camillo Fazio.
Per l’accusa, un nome che diventerà celebre per la sua integrità morale di magistrato: il Procuratore del Re avv. Giovanni Santoro come Pubblico Ministero.


Isernia - Stazione ferroviaria


La fine di questa storia è abbastanza eloquente: dopo un clamoroso processo dibattuto al Tribunale di Campobasso, durato tutto il mese di Settembre 1902, venne emessa una lieve condanna – già condonata - contro due soli imputati, influenzata sicuramente dall’enorme clamore dell’opinione pubblica fomentato dai giornali. Poi, l’anno successivo, tutti gli accusati furono prosciolti in appello.
Il maggior imputato, il cav. Gabriele Veneziale, dopo aver assistito incredulo allo sgretolarsi della sua vita politica fatta di sacrifici, tornò trionfante pochi anni dopo, portato a spalla dagli elettori, tra gli scranni della Camera dei Deputati. In un altro processo derivato dal filone principale del Volturno, riguardo all’accusa di calunnia verso la redazione del giornale “Il Risveglio Sannitico”, avendo avuto ragione nel primo processo, il cav. Veneziale acconsentì di accettare le scuse del suo maggior accusatore per interrompere l’iter processuale dell’Appello e risparmiargli così una condanna definitiva con il solo accollo delle spese processuali. Dopo aver sopportato anni di insinuazioni, diffamazioni, denigrazioni e pettegolezzi vari, il cav. Gabriele Veneziale, insieme ad i suoi amici, uscì da “l’Affaire del Volturno” a testa alta.
Altro famoso processo che caratterizzò il primo lustro del XX secolo fu quello intentato da una famiglia di Campobasso contro un noto medico e professore universitario, il dott. prof. sen. Antonino D’Antona. L’interesse giornalistico verso questo caso, che oggi definiremmo di “mala sanità”, fu evidenziato da un articolo apparso sul n. 41 del periodico isernino “Il Battagliere Indipendente” del 23 Dicembre 1900 intitolato “Un delitto nell’Ospedale della Pace di Napoli” – il solo titolo fa intuirne la gravità – a firma di Pietralata, il comm. Lorenzo De Luca Barone di Pietralata, un personaggio particolare del mondo giornalistico molisano dell’epoca di cui, tra le “Cronache”, è stato scritto abbastanza.
Quello fu l’ultimo numero del periodico “Il Battagliere Indipendente” poiché dopo quella data non venne più pubblicato. Il numero 41 venne sequestrato il giorno dopo l’uscita ma il giornale aveva un supplemento dove era stato pubblicato per esteso un altro articolo di Pietralata, conclusione di una storia-indagine iniziata sul n. 39 dello stesso giornale (e che aveva iniziato su numeri ancora precedenti), questa volta con soggetto l’attività amministrativa del Comune di Campobasso.
Il sequestro del n. 41 de “Il Battagliere Indipendente” si disse all’epoca attuato per dare corso alla querela del prof. D’Antona per l’articolo pubblicato da Pietralata.
Ma le cose, forse, non andarono in quel modo.
A metà Gennaio dell’anno successivo, quindi a distanza di sole tre settimane, De Luca-Pietralata riesumò la sua vecchia testata giornalistica “Il Sannio”, dormiente dall’Agosto 1897, con un primo numero di una nuova serie, dove veniva pubblicato di nuovo l’articolo su D’Antona “Un delitto nell’Ospedale della Pace di Napoli” (argomento che continuerà nei numeri successivi) ma non gli articoli sull’Amministrazione comunale di Campobasso. Il giornale non venne sequestrato. A tutta pagina venne pubblicato un articolo a sostegno del Sindaco di Campobasso Francesco Bucci per le prossime elezioni municipali. Ciò poteva significare una sola cosa: non fu l’articolo di D’Antona a far sparire le copie del “Battagliere” dalle edicole provinciali. Sembrerebbe che all’epoca la gestione dell’Amministrazione comunale del capoluogo avesse grossi problemi tanto da richiamare un’ispezione ministeriale. Infatti proprio in quell’anno arrivò a Campobasso l’Ispettore Generale cav. Errico Gajeri per osservare e riferire al Ministro degli Interni, on. Giovanni Giolitti, cosa stesse accadendo in quell’Amministrazione comunale.
Nello stesso anno, “Il Risveglio Sannitico” rafforzò la sua opera “moralizzatrice”, correggendo man mano la traiettoria dei suoi strali inquisitori con articoli che trattavano poco i fatti di Campobasso e molto le vicende riguardanti alcuni esponenti dell’Amministrazione provinciale, in particolare “l’Affaire del Volturno”. Il giornale fece tanto di quel clamore, insieme ad altre pagine “sorelle” della provincia, che il Ministro Giolitti chiese all’Ispettore Gajeri di occuparsi anche di quella faccenda, distogliendolo così dall’originaria ispezione municipale. Comunque, prima di concentrarsi completamente sulle vicende del Volturno, il cav. Gajeri inviò al Ministero degli Interni la sua relazione sull’Amministrazione comunale di Campobasso e, poco tempo dopo, il Comune venne commissariato con l’arrivo del Commissario Straordinario Paolo Grilloni.


  Isernia Piazza Erennio Ponzio (Fiera)


Il Gajeri fu molto zelante nel condurre l’ispezione presso il Palazzo della Provincia sui fatti del Volturno tanto che la sua relazione finale, pubblicata in opuscolo e venduta - prima del processo - nelle edicole molisane a 50 centesimi la copia (edita in Agnone dalla “Stamperia Edit. del Risveglio” la stessa de Il Risveglio Sannitico, e pubblicata su quel giornale il 1° Maggio 1902) fece molto scalpore presso l’opinione pubblica. Pochi mesi dopo iniziò il processo sullo sfruttamento delle acque del Volturno che calamitò l’attenzione di tutta la provincia.
Dopo mesi e mesi di pubblicazioni giornalistiche di varie testate che puntavano il dito sulla “cricca Falconi-Veneziale” - cioè il Presidente della Provincia e il Consigliere tra i più influenti (all’epoca Veneziale era anche Deputato al Parlamento del Regno) – si procedette con l’inizio di un dibattimento che sembrava indirizzato verso una giustizia rapida, severa, forse sommaria, nei confronti di coloro che erano stati indicati come colpevoli da pubblicisti e ispettori ministeriali travestiti da giudici e che solo l’abilità degli avvocati della difesa riuscì a neutralizzarne l’approccio giustizialista, riportando il processo nella corretta direzione.
Qualche anno dopo la vicenda del Volturno (nel 1906, l’anno in cui Veneziale tornò alla Camera dei Deputati), l’Ispettore Pesce, nuovo Ispettore ministeriale succeduto a Errico Gajeri, evidenziava come, al 31 Dicembre 1906, il conto generale del patrimonio della Provincia ammontava a Lire 3.227.260, con un passivo di Lire 8.432.723,77: la Provincia aveva un deficit che ammontava a Lire 5.205.463 e la “cricca Falconi-Veneziale” era stata lontana da quelle stanze.
Le pesanti vicende avvenute nel primo lustro del XX secolo seguirono un preciso disegno realizzato dalla mano di qualcuno che curava i propri interessi o furono una semplice accozzaglia di coincidenze? Quali arcani interessi (oltre a quelli conosciuti) si celavano dietro l’Amministrazione del Comune di Campobasso?
L’argomento nasconde altre domande ben più circostanziate, che necessitano uno studio approfondito di comparazione delle fonti per trarne una risposta: un lavoro che lascio volentieri ad altri che vorranno cimentarsi nel trovare una verità alternativa.
Tante altre sono le storie riportate nelle pagine delle “Cronache” tramite la rilettura degli articoli dei giornali dell’epoca dove viene raccontano lo svolgersi della vita quotidiana in una città di provincia come Isernia. Tutti si conoscono e tutti conoscono ciò che avviene, dove persone che sembrano distanti per modo di vivere (ma non di fare affari) sono invece imparentate tra loro da generazioni.
I bei matrimoni dei giovani eredi delle famiglie benestanti vengono riportati sui giornali con descrizione dettagliata degli avvenimenti, quasi fosse una festa popolare per cui tutti dovevano conoscere cos’era avvenuto e cosa era stato regalato agli sposi. La città aumentò di popolazione e terreni nei pressi del centro abitato vennero destinati a nuove urbanizzazioni. Il comm. De Masi continuò ad impreziosire quell’angolo di paradiso che rimaneva lo Stabilimento delle Acque Solfuree dove venivano festeggiate ricorrenze di ogni tipo, dai compleanni agli anniversari di nozze, dalle serate dedicate alla letteratura organizzate da quel simpatico scrittore dott. prof. Alfonso Perrella, alle feste da ballo di fine estate per la chiusura dello stabilimento. Il Ginnasio Fascitelli divenne governativo e la pianura di Venafro venne finalmente bonificata. Tanti altri avvenimenti sono riportati nelle “Cronache” per testimoniare il modo in cui veniva vissuto il quotidiano, la vita di tutti i giorni delle persone che hanno preceduto tutti noi nel vivere e lavorare tra le piazze e le strade della nostra Isernia.


Cronache d'Isernia d'inizio secolo XX - Davide Monaco

 

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Cronache d'Isernia di fine secolo XIX è il volume precedente
che ripropone la lettura degli articoli
di giornali d'epoca del periodo 1885-1899.



 


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Dalla stessa serie "Cronache d'Isernia", un avvincente romanzo "noir" ambientato nei salotti buoni della città tra il fruscio della seta delle imponenti vesti femminili e le marsine dei galantuomini.


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L'insidia del Nibbio - Il secondo episodio delle storie del Capitano Viti. Impegnato per garantire la sicurezza di un nobile sabaudo in visita alla città, si troverà a fronteggiare il suo vecchio nemico delle campagne contro il brigantaggio post-unitario in una nuova minaccia inattesa e ancora più temibile.











Il fabbricante di stufette - Il terzo episodio delle storie del Capitano Viti vede l'arguto investigatore districarsi tra sciagurati eventi che, nel modo in cui si palesarono, rasentavano la razionalità. Troppe cose non quadravano e solo il caso indirizzò le indagini verso l'agognata verità.






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Davide Monaco - Michele Tuono

RACCONTI MOLISANI D'APPENDICE

1848 - 1884

Un'antologia dei migliori racconti pubblicati
sui giornali periodici dell'epoca,
che rivolge fasci di luce su un Molise
inedito e nascosto, quasi segreto.
Ed è una luce nuova.








Un elenco di libelli pubblicati all'epoca dai protagonisti delle cruente lotte a favore dell'unità italiana che testimoniano quanto sia stata ardua l'idea di raccogliere sotto un unico vessillo la popolazione della penisola. Si tratta di una piccola collana Amazon sul "Risorgimento nel Molise", per ora limitata a pochi testi ma destinata a crescere nel tempo.



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Per chi volesse contattare l'autore, di seguito
è riportato l'indirizzo di Posta Elettronica (E-Mail):
davide.monaco@tin.it